Un orto italiano, con tante verdure che tracciano una storia delle vicende e delle abitudini locali: un gioiello di biodiversità, con sapori che provengono da tutti i 1300 km che vanno da Nord a Sud. In un paese come il nostro, la storia e la geografia hanno influenzato in modo evidente le produzioni agricole locali; negli anni però, tante di queste tipicità sono andate perdute e altre sono a forte rischio di sparizione. Un lavoro prezioso è stato svolto negli ultimi anni dai Presidi Slow Food, che valorizzano e sostengono le piccole produzioni tradizionali che rischiano di scomparire, valorizzano territori, recuperano antichi mestieri e tecniche di lavorazione, salvano dall’estinzione razze autoctone e varietà di ortaggi e frutta. Ad oggi, oltre 450 Presidi Slow Food coinvolgono più di 13.000 produttori.
Alcune delle varietà protette non sono facili da coltivare al di fuori delle zone tipiche, per ragioni legate alle esigenze ambientali e per la difficoltà di trovare sementi o piantine; ma tante altre sono le verdure italiane che si adattano perfettamente a vasi e piccoli spazi. Si tratta di sapori sani, che possono farci ritrovare il piacere della vera dieta mediterranea, un modello nutrizionale ispirato agli stili alimentari diffusi nel nostro Paese e in particolare al Sud e lungo le coste, dove si faceva ampio uso di vegetali freschi e di stagione, olio di oliva, pesce fresco.
Un regime alimentare molto più sano di quello che oggi è invece prevalente, ricco di grassi, zuccheri, insaccati e cibi precotti e povero di frutta e verdura di stagione.
L’orto ci aiuta quindi a ritrovare uno stile di vita migliore, legato anche alle nostre radici culturali. Di ogni ortaggio possiamo trovare varietà di origine locale. Dai pomodori, arrivati dall’America nel ‘500, sono state ottenute moltissime varietà regionali.
Alcune stanno sparendo: pochi conoscono il “vero” pomodoro “Pendolino” del Vesuvio, che veniva appeso, o quello pugliese di Torre Cane che, raccolto in agosto, durava fino alla primavera successiva, in mazzi appesi alle travi delle masserie.
Quasi scomparsi anche il peperone piemontese di Capriglio, la cipolla friulana di Cavasso, l’asparago viola di Albenga e altre ancora…
L’orto italiano potrà accogliere anche il basilico napoletano con foglie enormi e profumatissime, ortaggi antichi e poco noti come il carosello e il tortarello (parenti del cetriolo), il fagiolo trentino, le melanzane fiorentine e il melone mantovano, dolcissimo e ideale per i menu estivi. E ancora: i piselli come “Meraviglia d’Italia” e pomodori come il “Costoluto Genovese”, lo spinacio “Merlo Nero” e lo zucchino di Milano, di Faenza o di Bari…
Vasi, cassette e piccoli spazi del giardino diventeranno così un omaggio a chi per secoli ha scelto e coltivato gli ortaggi con amore e rispetto, costruendo un percorso che non è solo gastronomico, ma anche storico e culturale.
L’orto ricco di varietà antiche e locali è anche una forma di tutela della biodiversità e spesso risulta più facile e generoso: le tipicità italiane sono nate proprio perchè messe a punto, attraverso miglioramenti e ibridazioni, per adattarsi a particolari condizioni conservando elevata resistenza alle avversità e ai parassiti, con minori esigenze di acqua e tolleranza a fattori come il vento, il caldo bollente e le notti fredde di collina e montagna. Il risultato? Minore fatica e delusioni, raccolto migliore soprattutto se coltivato con metodi bio, che ci faranno portare in tavola verdure genuine, italianissime e a km zero.