Il 1 gennaio 2023 è entrato in vigore il decreto 33/2018 che regola la vendita di molti prodotti fitosanitari agli utilizzatori non professionali senza patentino, portando a uno stravolgimento nel mercato dei prodotti per la difesa delle piante: da ora in avanti infatti famiglie e hobbisti non avranno più la possibilità di acquistare un grande numero di prodotti comunemente usati per la cura delle piante ornamentali, tappeti erbosi, orti e piante da frutto, ora riservati esclusivamente agli utilizzatori professionali muniti di apposito patentino di abilitazione all’acquisto e utilizzo. Scopri di più sulla difesa integrata.
Prima della concimazione organica, la concimazione chimica si basava sulla teoria della restituzione quantitativa degli elementi nutritivi [azoto (N), fosforo (P) e potassio (K)], sottratti al terreno dalla messa a coltura. Questo modo di pensare e agire, che considera il terreno come un substrato inerte, un supporto puro e semplice della pianta, ha avuto il suo successo fino a quando nei nostri campi è stato presente l’humus accumulato in tanti decenni di letamazioni, cioè quella fertilità chiamata “forza vecchia” del terreno.
Il passaggio alla concimazione organica
Con il passare degli anni, però, senza più apporti organici, l’humus si è consumato, e spesso il suo contenuto nei terreni agrari è sceso al di sotto dell’1%. Quando ci si è accorti che nonostante i maggiori impieghi di prodotti chimici il tasso di fertilità del suolo non aumentava, ma che anzi diminuiva, allora si è dovuto ammettere che la concimazione di sintesi senza il tramite della sostanza organica umificata non può costituire un fattore a sé di incremento della fertilità. La teoria della restituzione è valida solo finché l’attività microbica del terreno è vivace, cioè fino a quando l’humus contenuto è sufficiente a integrare nel proprio biochimismo questi elementi nutritivi per poi fornirli alle piante in forme ben più complesse.
Un’alternativa moderna e razionale al chimico deve partire comunque da concetti ecologici generali, quindi non solo dalle tecniche biologiche di coltivazione (che hanno lo scopo di eliminare l’inquinamento diretto dell’ambiente), ma anche dal principio fondamentale del recupero energetico: tutte le fonti di sostanza organica, sia quelle provenienti dalle stalle, come il letame e i liquami, che quelle derivanti dagli scarti di produzione e trasformazione agricole, devono ritornare alla terra in maniera adeguata e non inquinante, con la produzione di humus.
Un sistema veramente ecologico di produzione agricola si basa non solo sul non impiego di sostanze chimiche di sintesi, ma soprattutto sul recupero energetico delle sostanze organiche. Per far sì che queste sostanze, dette oggi “biomasse”, sviluppino al meglio le proprie potenzialità fertilizzanti senza inquinare, occorre sottoporle a un processo di compostazione che sarà diverso a seconda della materia prima impiegata, e del fatto che si tratti di prodotti compostabili in azienda o di masse che devono essere raccolte in grandi impianti centralizzati. Comunque, ai fini di un intervento complessivo di salvaguardia ambientale e di bilancio energetico, la produzione di humus attraverso la compostazione delle biomasse è assolutamente irrinunciabile.
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